La fortuna più grande è che per arrivare a Venezia non serve prendere la seconda stella a destra e andare poi dritti fino al mattino.
Personalmente è stata la città che più mi ha colpito, perché a differenza delle altre città, a Venezia non ci sono macchine parcheggiate ai bordi delle strade, non c’è niente che in qualche modo possa ingannare la sua desolazione e questo è un’onda che ti travolge, che ti stringe il cuore.
E’ una situazione surreale, sospesa, sembra di essere al interno di una bolla avvolta dal blu del cielo che si fonde con il mare e in mezzo c’è la bellezza di una città senza tempo.
Il garrito dei gabbiani accompagna il canto del mare, interrotti ogni tanto dal vociferare delle persone; dialetto veneziano, inglese, francese, spagnolo un continuo mischiarsi e la cosa straordinaria è che lo senti provenire dalle finestre che sono più alte rispetto alla strada, quasi come se fossero i muri a parlare.
Ho camminato tanto, se pur utilizzando il navigatore, sono riuscito a perdermi in un paio di occasioni, ci sono calli che non vedi, compaiono e scompaiono in un attimo, ma il perderti è un qualcosa che straordinariamente ti rassicura, ti eccita.
E poi arriva l’ora di rientrare, e questo ti fa stringere il cuore per la seconda volta; sarà forse che il suo essere costruita sull’acqua la rende più “mortale”, ma quando te ne vai, in quelle calli, tra le onde del mare una parte di te, rimane comunque là.
#ricordatidiricordare